viaggio infinito

30 ottobre, 2005

I COLORI

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Colori, centinaia di colori
Mischiati e rimischiati su di una tavolozza
E con cura dipinti
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Corre un pensiero
Di una mano leggera
Che corre sulla tela
Di qualcuno che vorrebbe lì fermare
Per un istante
L’emozione che si muove nel suo cuore
E ha provato a dipingerla
Pensava di aver poco da dire
Ma sta ancora colorandola…
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Un tappeto di foglie cadute
Cibo e calore per questa terra
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Un ruscello scende a valle
Canta e racconta l’infinito viaggio
Dell’acqua limpida che lo riempie
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Un raggio di sole
Porta scintillii ovunque
Attraversa braccia di alberi maestosi
E crea una danza di luce
E nella luce i colori
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Mi ritorna il mente il pittore
Che cercava di trovare i colori giusti
Ma non ha potuto inventare nulla
Ha solo dovuto scoprire
Che i colori erano già lì.

Medaglia


Sono arrivata di corsa, con una giornata sulle spalle, come un bagaglio pesante ed ingombrante, con la testa piena di pensieri.
Sulla porta di casa tua mi sono fermata, in quei pensieri tu non ci stavi, non c’era spazio.
Mi sono chiesta come poter vivere da lì ogni attimo così piena….
Tutto pieno per non sentire la paura di affrontare te. Scappare non sarebbe servito a nulla… toc toc … "permesso? Sono arrivata".
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Ci siamo guardati,
abbiamo parlato, giocato, riso,
ci siamo abbracciati,
ci siamo scontrati
ci stava tutto nel contenitore che ha continuato a riempirsi di molto altro e non ha smesso di farlo, e mi sono chiesta se per caso per la prima volta NON avessi fatto ciò che di solito faccio e cioè dare una forma e una capienza precise ai contenitori oltre ai quali è dato per scontato che non ci entri più nulla. Forse per la prima volta non ci ho messo sopra un coperchio prima del tempo.
Ti ho ascoltato a lungo e in te mi sono rivista, la mia poca chiarezza di esprimere quello che sento e la confusione nel pensare che chiarezza sia uguale ad esporsi troppo e rischiare di essere derisi e manipolati e che dolcezza corrisponda a debolezza.
Mi sono sentita come una medaglia stesa su di un piatto e posizionata sempre e solo dalla stessa parte; non avevo mai provato a girarla e stare dall’altra parte, sul retro della medaglia, ascoltando ciò che aveva da dirmi: ogni mio pensiero, ogni emozione dentro sono chiari, ma fanno giri enormi ed escono dalla mia bocca contorti e allora lì c’è confusione. Ti ho parlato allora stando da questa altra parte della medaglia e ho scoperto che prima di tutto cominciavo a parlare chiaro con me stessa.

16 ottobre, 2005

SILENZIO


c'è SILENZIO in questa chiesa
c'è SILENZIO nella caduta della piccola foglia gialla d'autunno
c'è SILENZIO...
MA ASCOLTO QUESTO SILENZIO
E' PIENO DI SUONI
E' FATTO DI SUONI
E' SUONO
E' NOTA

12 ottobre, 2005

L' AQUILONE


Aquiloni fermi
lasciati a terra
con illusioni frantumate
con speranze perse
con attimi perduti
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Fatica nel ricordare
come dove e quando
sono caduti
come dove e quando
li ho fermati
Intanto
mi lamento del male e del bene,
del cielo e delle stelle...
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Il tempo passa
gli aquiloni fermi
restano li'
dimenticati
-
MA OGGI HO GUARDATO A TERRA
-
"Oh, uno dei miei aquiloni!"
-
Lo prendo e corro
si rialza
avevo dimenticato
che il vento non si era fermato con lui
-
"L'ho portato con me in un giorno nuovo
su di un prato che vedevo ancora vecchio
e ho provato allora a fargli vivere nuove cose
in quello che ancora mi pareva il solito vecchio cielo"

11 ottobre, 2005

L' INCROCIO


Lui stava seduto a terra, fuori

il cappello in mano, teso in avanti

i suoi occhi rivolti in basso

Loro passavano veloci

troppo occupati per fermarsi

una volta lontani, rallentavano

Io restavo ferma

giravo sui tacchi

e me ne andavo

Camminavo lenta

mi ritornava in mente il cielo del mattino

due strisce bianche

arrivavano da direzioni diverse

si incrociavano

per un istante pareva avanzassero insieme

poi riprendevano direzioni diverse

FORSE NON SI SAREBBERO PIU' INCROCIATE

Ritornavo allora lì

compravo due panini e da bere

e mi sedevo accanto a lui

"Mangiamo insieme?" chiedevo

"Ya" rispondeva

Non parlavo tedesco

Non parlava italiano

Ma sorridevamo

e gesticolavamo

e ridevamo come bambini

02 ottobre, 2005

Il Tiranno

L’ho cercato, sai, il tiranno
E l’avevo lì davanti
Non ho voluto vederlo
Ma era lì davanti

Ma poi l’ho visto
E ho lasciato che continuasse a farlo
Ma guardandomi ogni volta

Talmente prevedibile
Conoscevo le sue mosse
Ma io continuavo a farmi muovere
Automaticamente

E mi arrabbiavo
E ancora mi arrabbiavo

Ogni volta vedevo il limite
E lo tenevo lontano

Facevo il suo gioco
Prendendo i colpi allo stesso modo
Rispondendo allo stesso modo

Poi il colpo secco

Ho visto la manipolazione
La sua
La mia

Era la stessa
Cambiava solo forma

Mi sono chiesta?
Ma dove sta la vita che dico di aver preso in mano?

… forse oltre quel limite

Solo in quel momento


“Ho sentito il cuore staccarsi e scivolare giù, ma non in caduta libera…
scendeva a rallentatore, quasi avesse il freno a mano tirato”

Una parola detta al momento giusto e ha colpito dove doveva colpire!

Non ho potuto far nulla se non lasciare andare
né dopo né prima ma solo in quel momento.

I reni e mio padre


"Si sieda" "i risultati non sono come ero sicuro che fossero" "Lei ha i reni policistici"
Cosa sono, dottore?
Le spigazioni arrivano subito, a raffica, come tante lame sottili mi colpiscono; sono frastornata.

"... infezioni, aumento del volume e del numero delle cisti; previsione: dialisi.
Sintomi: dolori costanti nella zona lombare, l'ematuria (cioè sangue nell'urina), la calcolosi renale e le infezioni urinarie ripetute. In molti casi l'ipertensione arteriosa che lega il paziente ad un medicinale giornaliero.
Cure: non esiste un trattamento specifico della patologia... tutto quello che si può fare è di cercare di evitare che le cisti si ingrossino e di ridurre ulteriormente tutti i fattori di danno ai reni; controlli regolari della funzione renale.
Gravidanza: da pianificare se la funzione renale è normale, tenendo conto dell'ipertensione e della probabilità di trasmettere la malattia al figlio (in seguito mi è stato consigliato di non affrontare una gravidanza in quanto la crescita in grembo di un bambino avrebbe compromesso ancor più i reni e le numerose cisti)".

RIPORTO LE PAROLE ESATTAMENTE COME LE HO RECEPITE IO: CRUDE.

Ricordo che ero sola davanti a quel medico e gli ho stampato un bel sorriso come per dire "va beh, che vuoi che sia...". Ma tremavo dentro per quello che mi aveva detto, non avevo capito bene, ma la paura era già lì, ho solo fatto finta di non vederla.

Ricordo il rientro a casa e i miei genitori. Volevo solo essere tenuta stretta e si, anche consolata, ma erano troppo impegnati nelle loro ripetute discussioni. "Ma va la', che non è niente" "Pensa a cose più serie ed importanti" e via con la loro routine di botta e risposta.

A pochi giorni di distanza voilà come per incanto ecco la prima infezione, quasi desiderata per far loro vedere... cinica mi sono detta... l'hai chiesta ed eccola.
Desiderio esaudito: la mia condizione di salute mi aveva messa esattamente al posto dove io volevo: al centro delle persone che mi circondavano, quelle da cui volevo maggiore attenzione. Ma è qui che sono sprofondata nel vittimismo che mi ha legato ancora di più alla malattia stessa... un circolo vizioso... Solo io ero importante, tutti correvano ed erano sempre presenti.
Ed è così che mi sono tirata la "zappa sul piede": scappo da una prigione e mi chiudo a chiave in un'altra.

Sono rimasta seduta su di una poltrona a crogiolarmi nel dolore senza accorgermi che tutto questo marcava limiti più stretti, limiti che sono usciti imponenti durante questi ultimi anni: rigidità fisica, paura del giudizio degli altri e quindi di confrontarmi, paura di soffrire, paura di vivere e sperimentare.
Ma soprattutto non ho voluto ammettere ciò che mi faceva più male.
Tutti erano attorno a me, tutti tranne lui, mio padre che puntualmente faveva la valigia e si trasferiva in montagna con una scusa banale finchè non mi riprendevo.

Ogni volta mi riportava il ricordo di una bambina in braccio al suo papà che, protetta e sicura, si addormentava sulle sue gambe con il viso sul suo petto ascoltando il ritmo del suo cuore.

Scappava, non voleva sentire, proprio come me.

Ma un giorno la vita ci ha messo uno di fronte all'altro
Quel giorno sono caduta nelle sue braccia ed io ho sentito tutta la nostra paura di ascoltarci
Quel giorno mi sono rivista in lui

Il grande attaccamento agli altri e il bisogno di loro è stato sicuramente il fattore scatenante della patologia e lo ritrovo nei miei genitori. Ho sempre pensato che quella che vivo è la continuazione della paura di mia mamma di restare sola (è orfana) ma ho dovuto accettare anche la paura trasmessami da mio padre, la paura di restare lì ad ascoltare ciò che arriva, a prescindere da cosa sia.